2010/05/17

Appunti da L'ospite inquietante ~

Recentemente (ma neanche tanto a dir la verità XD) sto leggendo un libro consigliatomi l'anno scorso dal mio prof di Filosofia (che purtroppo ora è anche il mio prof di Storia .-.): "L'ospite inquietante, il nichilismo e i giovani" di Umberto Galimberti.
Lo trovo straordinario! Descrive il mondo dei giovani e i suoi problemi in modo.. boh, mi lascia senza parole! È come se entrasse nella mia testa e riportasse a parole quello che provo!
Voglio lasciare qui qualche breve citazione letta oggi.

Il nichilismo sotteso alla droga.
[...]Trascurando la natura del desiderio e la qualità del piacere si dimenticano troppo spesso gli incanti della vita. E ognuno sa che, senza incanti la vita non ha più voglia di vivere.

Il nulla è l'anima del desiderio che, nella sua versione anestetica, rende l'appetito irresistibile e il piacere insoddisfacente.

Non ripudiamo il nostro desiderio,ma, per evitare che dall'abisso della negatività che lo costituisce il desiderio si faccia insaziabile e cerchi nella droga o nel farmaco quel piacere negativo che consiste nel riempire la giara bucata, facciamolo passare attraverso le persone e le cose. Il piacere infatti va assecondato, non negato. Si tratta solo di indicargli la via.

Eroina: l'anestesia della droga "sporca"
Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell'alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere.

Il piacere della droga non è la scelta di una maggiore intensità della vita al prezzo della sua brevità, è la scelta dell'astinenza dalla vita, perché questa, una volta apparsa in tutta la sua insignificanza, prosegua pure il tracciato della sua insensatezza, ma risparmiando almeno il dolore.

Ecstasy: l'euforia della droga "pulita"
Vivono di notte i nostri giovani, perché di giorno nessuno li riconosce, nessuno ha bisogno di loro. E loro lo sanno e non vogliono sbattere ogni giorno la faccia contro il misconoscimento della loro esistenza.

Per coloro invece che già sono inseriti nel mondo del lavoro l'ecstasy rappresenta una liberazione dall'oppressione dei ruoli, delle funzioni, dell'estetica della distanza e della freddezza, che negli usi e costumi degli occidentali si chiamano "correttezza". Una parola elegante cresciuta nel giardino della non-comunicazione, dove il contatto è formalizzato, la parola stereotipata, lo sguardo impersonale, il tutto all'insegna della non-confidenza che garantisce a ciascuno di noi di ritirarsi dai rapporti senza offendere nessuno.

Cocaina: l'eccitazione della droga "stimolante"
La nevrosi è un conflitto tra il desiderio che vuole infrangere la norma e la norma che tende a inibire il desiderio. Come conflitto, la nevrosi trova il suo spazio espressivo nelle società della disciplina che si alimentano della contrapposizione fra il permesso e il proibito, una macchina che i più adulti fra noi conoscono perché regolava l'individualità fino a tutti gli anni cinquanta e sessanta. Poi, a partire dal Sessantotto e via via nel corso degli anni successivi, la contrapposizione fra il permesso e il proibito tramonta per far spazio a una contrapposizione ben più lacerante che è quella tra il possibile e l'impossibile. Che significa tutto questo agli effetti della depressione e quindi della cocaina e degli psicofarmaci eccitanti a cui si ricorre come a un rimedio? Significa che nel rapporto fra individuo e società la misura dell'individuo ideale non è più data dalla docilità e dall'obbedienza disciplinare, ma dall'iniziativa, dal progetto, dalla motivazione, dai risultati che si è in grado di ottenere nella massima espressione di sé. [...] L'individuo deve far appello alle sue risorse interne, alle sue competenze mentali, alle sue prestazioni oggettive, per raggiungere quei risultati a partire dai quali verrà valutato. In questo modo, dagli anni settanta in poi, la depressione ha cambiato radicalmente forma: non più il conflitto nevrotico tra norma e trasgressione, con conseguente senso di colpa, ma, in uno scenario sociale dove non c'è più norma perché tutto è possibile, il nucleo depressivo origina da un senso di insufficienza per ciò che si potrebbe fare e non si è in grado di fare, o non si riesce a fare secondo le attese altrui, a partire dalle quali ciascuno misura il valore di se stesso. [...] I sintomi classici della depressione, quali la tristezza, il dolore morale, il senso di colpa, passano in secondo piano rispetto all'ansia, all'insonnia, all'inibizione, in una parola alla fatica di essere se stessi.[...]La depressione tende a configurarsi non più come una perdita della gioia di vivere, ma come una patologia dell'azione, e il suo asse sintomatologico si sposta dalla tristezza all'inibizione e alla perdita di iniziativa, in un contesto sociale dove "realizzare iniziative" è assunto come criterio unico e decisivo per misurare e sigillare il valore di una persona.

Il gesto omicida
[In questo pezzo parla del sistema scolastico che non cerca di conoscere i propri allievi: i ragazzi non parlano, si chiudono nella propria concezione negativa del mondo, trattengono i propri sentimenti cercando di colmare il vuoto che hanno dentro.. tutto ciò si trasforma in violenza.]

[Gli insegnati]Sanno che l'emozione, se non trova veicolo della parola, ricorre al gesto? Gesto truculento d'amore o gesto truculento di violenza? Ma chi doveva insegnare a questi ragazzi a parlare, a utilizzare quell'abbondante letteratura a loro disposizione che insegna come un'emozione trova forma di parola, di poesia, di sublimazione dell'amore e del dolore? Altrimenti perché leggere Petrarca e Leopardi, Pirandello o Primo Levi? A quell'età la letteratura o è educazione delle emozioni, o altrimenti vale la pena gettarla.

Questo è il suo [della scuola] primo compito, perché senza emozione non si crea nessun interesse e senza interesse nessuna volontà di applicazione.

Il gesto suicida
Ascoltare non è "prestare l'orecchio", è farsi condurre dalla loro parola là dove la parola conduce. Se poi, invece della parola, c'è il loro silenzio, allora ci si fa guidare da quel silenzio. Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e ora guardare in faccia il dolore, la verità avvertita dal loro [dei giovani] cuore e sepolta dalle nostre parole. [...] Perforando il silenzio è possibile raggiungere quel grido taciuto che è tale perché non c'è parola che possa esprimerlo. Allora il silenzio diventa tumultuoso, e la loro malinconia prende a parlare, non con le nostre [degli adulti] parole assolutamente euforiche o inutilmente consolatorie, ma con quelle rotture simili alla lacerazione delle ferite quando l'anima le conosce come ferite mortali.

Pubblico queste righe non solo perché sono belle frasi, magari da scrivere qua e là per il web quando si vuole fare i fighi. Ma soprattutto affinché ognuno possa rifletterci sopra e contestualizzarle nel proprio Io. Certo.. non mi droga, non ho intenzione di uccidere nessuno.. ma proviamo a vedere se queste cose sono vere per noi. Proviamo a rifletterci sopra.

2 commenti:

  1. Non ho letto il pezzo che hai messo tu perchè voglio prendermi il libro e leggere tutto per intero, ma si prospetta fantastico **

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  2. Vedrai, ti piacerà! E ricorda di commentare quando l'avrai letto!!

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